percorso museale


Il perimetro dell’attuale Museo racchiudeva in origine, in un unico, ampio locale a pianta quadrangolare, l’antico ingresso alle Gole.
L’attuale ristrutturazione dello spazio è stata ideata e curata personalmente fin nei minimi dettagli, in dialogo con Maurizio Vaccaro e Silvia Lotti, dallo stesso Silvio Benedetto cui il Museo è interamente dedicato.

Il museo in costruzione

Questo allestimento, sobrio e allo stesso tempo estroso, avvincente, curato personalmente da Silvio, è stato il pretesto per “giocare” con le sue opere, nuove e di un tempo, e con le sue memorie. Che qui, oggi, dialogano con lo spettatore più vive che mai. Senza dubbio questo museo è una sua nuova opera che ne riunisce in sé tante altre.

… Davanti a una tela sul cavalletto, scrivendo una poesia, mi trovo in un atto segreto; nel teatro, negli allestimenti teatrali, nelle realizzazioni architettoniche, nei murales, l’azione è collegiale, senza il gruppo non potrei procedere. Così qui, nell’inventare questo spazio museale, si innalzano pareti, altre si distruggono, si chiudono finestre, si inventano angoli, percorsi, oggetti che entrano altri che escono, che si accatastano, un apparente caos ma è un caos organizzato, tutto si trova anche se nascosto, come in un bric a brac di un mercatino, dove sia il venditore che il passante sanno dove si trova quella cosa lì. Ognuno sa cosa deve fare, ma allo stesso tempo ogni tanto qualcuno pronuncia “ca cosa vene?”.
Il progetto, la pianta è nata dopo, come nell’epoca che gli architetti erano i mastri. Non posso non ringraziare tutti. (Silvio Benedetto)

Nell’accogliente cortile attiguo campeggia l’”albero di Eleonora e Daniela” e getta la sua ombra frondosa sull’antico Forno e sullo Studio dell’artista.

La Piazzetta dell'albero di Eleonora e Daniela

Situato all’ingresso del percorso naturalistico alle Gole e dunque alle soglie di uno scenario mozzafiato modellato da una natura millenaria, alle spalle di un ampio salone (“Ristorante degli archi”), il Museo Silvio Benedetto si sviluppa interamente su un unico piano, in un percorso retrospettivo sobrio e al tempo stesso estroso, assolutamente avvincente che, partendo dai giorni nostri, attraversa tre sale e si conclude lontano nello spazio e nel tempo, nella Buenos Aires degli anni ’50, e che prevede un ulteriore, prossimo sviluppo con una serie di pregiate sculture da inserire nella “Piazzetta dell’albero di Eleonora e Daniela”.
Le opere, tutte appartenenti alla collezione privata dell’autore e in gran parte inedite, alcune realizzate in loco appositamente, sono state accuratamente selezionate in una ricca raccolta e, collocate dallo stesso Benedetto in modo da rispecchiare il flusso della sua evoluzione artistica (assolutamente inscindibile dalle umane vicende personali), lasciano risaltare un’incredibile diversità di linguaggi e di materiali (dalla ceramica ai metalli, agli oggetti di riciclo, per citarne solo alcuni) nonché una mirabile padronanza delle diverse tecniche.



L’INGRESSO

Una successione di archi con cancelli in metallo lavorato isola dall’ingresso alle Gole l’androne del Museo. Qui alcune suggestive immagini e sintetiche notizie introducono una prima presentazione dell’artista, il quale ha concepito questa zona come il rinnovato abbraccio alla visita di un vecchio amico, o come primo saluto all’incontro con uno sconosciuto che, quando se ne andrà, amico lo sarà diventato: perché l’intero spazio espositivo è stato concepito e organizzato dallo stesso Silvio Benedetto come un dialogo continuo con lo spettatore.

… Percorrete queste sale con l’animo di chi sbircia un diario altrui, un diario con i suoi tranelli, con la sua segretezza e voglia di essere scoperto, forse. Da chi? (Silvio Benedetto)

… anzi, guardatevi bene attorno, non è detto che Silvio non si possa incontrarlo di persona, all’Alcantara, forse al lavoro nel suo studio che è proprio a lato del Museo, e magari sedersi con lui a fare due chiacchiere di arte e vita davanti ad una freschissima spremuta di arancia.



LA SALA 1
(dagli anni Settanta ad oggi)

Il visitatore è accolto in una vasta sala volutamente illuminata a piena luce, con ampie vetrate che si affacciano sull’ambiente esterno, frammento luminoso di realtà soltanto apparente: immediata sarà la sensazione di trovarsi in un ambiente fuori dall’usuale, affascinante e carico di suggestioni che continuamente ti chiamano a voltarti, a camminare più oltre, a tornare sui tuoi passi per raggiungere un angolo “segreto” che era sfuggito a un primo sguardo. O che immediatamente ti attraggono, come quella parete autoportante di bagno piastrellato, proprio davanti all’ingresso: l’unico resto di un appartamento scomparso? no, è una installazione di Silvio Benedetto, "Lla palla rossa", e ti pone davanti a te stesso quello specchio sopra all’insanguinato lavabo nel quale galleggia (o affonda?) una palla di gioco di bimbo. Dietro la parete piastrellata altri assemblage  e installazioni di tragica memoria. Siamo nel settore “Sussurri e grida”.
Un divisorio e passiamo al “Secolo superbo e sciocco”, con dipinti di cavalletto eseguiti a pennello, di fine fattura, dettagliati e gestuali. È con lucida disinvoltura che sempre Benedetto riesce a conciliare fantasia (di cui è ardente paladino) e rispetto della realtà (attraverso una rigorosa osservazione non priva di serena classicità). Dal vigore del suo realismo alla magia, al fantastico, all’onirico.

La sfera incandescente "viaggia" da “I nuovi miti” al lavabo dell’installazione "La palla rossa"

L’artista gioca sapientemente con trasparenza e materia, spaziando da composizioni semplici e potenti ad altre più dense e fitte in una sorta di bric-a-brac oggettivo e soggettivo, abilmente equilibrate da indubbie doti di grande disegnatore e colorista.

Trittico dedicato a Pasolini



La Boheme (non appartenente al museo)


                                     Sos loco                                              Manarola nello studio (trittico, particolare)

In mezzo alla sala, su un poliedro, un insieme di “Disegni” di magistrale fattura. A volte Benedetto lascia libero sfogo all’immediatezza davanti al soggetto (… “la mia sicilianità…”, commenta lui divertito): segni come stoccate irrompenti, graffianti determinano la figura con sintesi autorevole. Altre volte è minuto cesellatore (… “la mia parte nordica-piemontese…”, ricordando le origini paterne): particolari scanditi al millimetro. Altre volte il segno diventa una miscellanea di nostalgia e gioco (… “il mio lunfardo tango-cocoliche…” non può fare a meno di aggiungere). A volte delicato ma mai aggraziato. Purezza di linee. Guasti voluti.

Il settore “Liguria Sicilia” è anch’esso una pagina di diario, con foto personali e citazioni di recente e più lontana memoria (Carlo Levi, Rosa Ballistreri, ecc.) da contemplare sotto lo sguardo di brace di un Caronte di acceso magenta (a citazione della sicula “Valle delle pietre dipinte”, percorso itinerante attraverso 110 massi policromi dipinti da Benedetto sul tema della Divina Commedia) e davanti al nero della “Marina nera” e al nero grigio del voluttuoso, rigoroso nudo “Que lindo el gris”.

Caronte, Marina nera, Que lindo el gris (da sinistra a destra)

… Un Caronte. Non un ctonio Cherun etrusco, azzurro-viola per la carne livida, ma un Ngai masai rosso: perché malvagio, infuocato, portatore di siccità, in contrasto con il dio buono nero che, portatore di pioggia, offre agli uomini l’acqua che il dio rosso vuole trattenere… (Silvio Benedetto)


Come in altre parti del Museo l’artista ha voluto ospitare anche opere di altri autori, tutte appartenenti alla sua collezione privata.
A pochi passi, sempre nella Sala 1, le “Incisioni”, con opere di diverse epoche, tutte di elevata tecnica e grande creatività. Fra di esse anche curiosi, pregiati oggetti d’arte di piccolo e medio formato.
Ma già altre sale ci attendono e abbiamo fretta di esplorarle nel nostro viaggio a ritroso.



LA SALA 2
(Il Teatro, e non solo, dagli anni Settanta ad oggi)

Bruscamente si passa dalla luce piena alla penombra di una sala più intima con pareti verdi che richiamano lo studio romano di via Scialoja, tempio di quel “Teatro negli Appartamenti” che da decenni Silvio Benedetto porta avanti e che tanto strettamente è legato alla sua poetica. Costumi di scena, sculture sapientemente inserite in apposite nicchie, video e sottili fasci di luce ben lasciano intendere quell’atmosfera impalpabile di sguardi e voci sussurrate di un teatro che ha voluto lasciare il palcoscenico per spostarsi sul piano di un quotidiano più intimo e diretto.
Anche in questa sala Silvio ha voluto destinare uno spazio ad accogliere opere di altri autori, e del resto nella sua stessa casa ama inserire tra i suoi oggetti personali tracce dei suoi tanti amici e di persone a lui legate profondamente, artisti e non, in curiose miscellanee che assumono il sapore di intime installazioni.
Ma già gigantografie dall’alto delle pareti della Sala 3 ci chiamano attraverso una porta ad arco e ci spingono a lasciare questa penombra: forse tralasciamo qualcosa, forse dopo torneremo a guardare.



LA SALA 3
(Buenos Aires anni Cinquanta, anni Sessanta Roma, Mexico, Ecuador)

Ci ritroviamo in un ambiente affollato ed accogliente. Questa ultima sala è l’inizio. Sulla grande parete in alto, entrando a sinistra, campeggiano fotografie di fine ‘800. Emigranti: tra di loro i capostipiti della “Famiglia d’arte” Benedetto-Caldarella, le origini di Silvio (il quale,ancora non l’abbiamo detto, nasce a Buenos Aires nel 1938, 21 marzo primo giorno di autunno). Non a caso l’artista ha accostato il suo primo nudo (dipinto all’età di appena 12 anni, ma già con grande maestria) al ritratto di Puccini realizzato da suo nonno quando il compositore visitò l’Argentina: tra le due opere davvero interessanti i punti di contatto, guardatele con attenzione.
Di questa sua famiglia Silvio ha voluto condividere con noi numerose testimonianze (dipinti originali, fotografie, lettere, manoscritti), tutti documenti che senza dubbio conferiscono alla collezione un notevole valore storico (guardate, in vetrina, la foto del nonno materno Benito Caldarella con il Presidente dell’Argentina Alvear e con Hipolito Irigoyen).


                           Primer nudo                                                                        Retrato de Puccini
                        (Silvio Benedetto)                                                                   (Benito Caldarella)

Nella zona centrale, sempre sulla sinistra, la sala include inoltre, per volontà dell’artista, opere di “Amici di follie”, anch’esse corredate da foto di album, testimonianze, schizzi e molte altre curiosità.

… Legami inattesi, pazzie, amici, incontri perché si perché no, ma il tutto con il filo conduttore della pittura, per questo animano questa vetrina e la parete sovrastante… (Silvio Benedetto)

Il periodo argentino è rappresentato non solo attraverso le opere esposte. La Buenos Aires di Benedetto è presente anche in fotografie urbane da lui stesso scattate e stampate (qui proposte in una successione quasi cinematografica di suggestive gigantografie) e in un paesaggio urbano originale (del settore “Las manchas”) da lui dipinto nel traffico affollato della città.

Fotografie di Buenos Aires scattate da Silvio Benedetto negli anni '50

Manchas

Il disegno “El Profeta”, il primo a tema religioso, è corredato da un testo sulle future vicende di Benedetto con “Il sacro”, ampiamente documentate da accesi diverbi e articoli di stampa dell’epoca in quotidiani e periodici a grande diffusione nazionale ed internazionale.
Lì accanto, da una piccola foto, ci guarda un Silvio giovanissimo nel porto di Buenos Aires alla sua partenza per l’Italia (1961) – alle sue spalle il transatlantico “Federico C” diretto al porto di Genova – come a volerci invitare a seguire il suo viaggio. E infatti in un attimo ci ritroviamo alla parete “Roma anni ‘60”. Prima, però, passando sotto una fila di immagini in bianco e nero appese con mollette come panni stesi (originale presentazione delle sue foto!), come Benedetto usava fare per asciugare le stampe dei suoi scatti nella sua camera oscura di Calle Salta o nello studio Racanelli della Calle Bolivar.
Ma eccoci già davanti a dipinti e disegni di Silvio: stupendi, dai tratti decisi e dai colori brillanti ci lasciano ad occhi spalancati, sovrastati da una grande maternità, accompagnati dalle tracce tangibili in testi ed immagini delle sue vicende artistiche e biografiche dell’epoca.
In un lungo leggio si susseguono ordinatamente allineate tecniche miste, dove l’esoterismo latinoamericano si incontra con la Roma notturna felliniana impastandosi nel suo studio di via del Babuino..

La curandera                                                                  Nella notte romana

Ancora la parete centrale ci invita a voltarci dietro di noi, questa volta non per gli “Amici di follie” ma per raccontarci del periodo “Mexico Ecuador”: in Messico Silvio Benedetto si reca nel ’67 invitato dal muralista David Alfaro Siqueiros (con il quale avrà in seguito un grande diverbio) per lavorare ne “La Tallera” di quest’ultimo.

… Silvio Benedetto el caso “escandalo” de la pintura latinoamericana, contestador di Guayasamín, contendente de Siqueiros, vencedor de un grande murales a Cuernavaca… (Marta Traba, Direttrice Museo di Arte Moderna di Colombia, Colombia 1969)

Tecniche miste originali dipinte da Silvio in Messico e in Ecuador, testi ed immagini sul grande murales realizzato dall’artista a Cuernavaca e sui suoi incontri con Guayasamin, Viola e Cuevas: “… appassionanti, strazianti, pericolosi anni centroamericani…”, per definirli con le parole dello stesso Benedetto.



VERSO L’USCITA

Ripassando dalla Sala 2 ci attraggono nuove immagini-video non stop e, dietro alla parete degli schermi, un corridoio che ci era sfuggito ci conduce dalla bisbigliata penombra ad un improvviso coup de theatre. Scoppio di luce e colore, atmosfera bonaerense e xeneize, un’altra attrattiva (anzi, tutto il Museo è un susseguirsi di pulsioni contrastanti, improntato comunque a una certa autoironia del suo protagonista-curatore): installazione o toilettes per i visitatori?  Si esce divertiti, e questo è buono.
Verso l’uscita, attraversando la Sala 1 ci attardiamo per riprendere la visione delle opere prima di lasciare il Museo attraverso gli aromatici sentieri delle Gole, e ci trastulliamo cullati dalle folte fronde dell’”albero di Eleonora e Daniela” per gustare una granita al limone “vero” nel rumoroso silenzio della natura che brulica intorno a noi.
Chissà se, all’angolo dell’ingresso, sarete richiamati dall’”Eros”, o dal “Sos loco” che all’inizio della visita quasi sfugge tra tante meraviglie. Oppure, all’altro lato della stanza, dalle scarpe di Silvio che hanno calpestato così tante impalcature prima di quella bizzarra “Noche de Reges”. Accanto a quest’ultima, giocherellona installazione soffermatevi sul ritratto di Emiliano Zapata se volete conoscere tutta la misura del talento di Silvio Benedetto ritrattista, grande ritrattista.

Un tango per Zapata (particolare)

Eccoci alla conclusione di un percorso assolutamente commovente per gli amici ma non meno emozionante per chi, avvicinandosi per la prima volta, dopo la sua visita diventerà un amico in più…

… non so come né perché, non ci ho mai pensato, ma so che i rapporti umani sono stati preponderanti nel mio vissuto: ecco perché la mia biografia è densa di nomi. Ne sono contento. E so che aumenteranno. Sembra un po’ un elenco telefonico, ma va bene così… (Silvio Benedetto)
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Possiamo affermare senza esitare che questo Museo riflette con opere originali, in maniera a volte piena e a volte succinta, tutti i momenti della lunga, straordinaria attività artistica di Silvio Benedetto: a partire dal suo primo disegno del 1940 (sua madre Adela ha datato e conservato numerosi disegni di Silvio bambino) sino alla sua ultima opera di giugno 2011. Fanno necessariamente eccezione i suoi murales (che vengono proposti in video, riproduzioni, e qualche bozzetto) e le altre grandi, a volte articolate opere pubbliche (delle quali sono esposti alcuni progetti e fotografie).
Oltre a questa straordinaria collezione permanente, come ulteriore testimonianza della grande abilità di Benedetto scultore nelle immediate vicinanze del Museo è in progetto (e nascerà a breve) una sua imponente opera dedicata alla Valle dell’Alcantara.
Si segnala inoltre per curiosità ed approfondimenti, in concomitanza al Museo, la disponibilità di una esaustiva, importante raccolta di documenti di archivio (opere grafiche, fotografie, articoli di stampa, locandine, pubblicazioni, ecc.) a disposizione per una visione privata su appuntamento.